Giustizia

 

Lo Stato, come gruppo sociale organizzato, garantisce la sicurezza dei suoi membri in rapporto alla sua capacità di rispondere in maniera adeguata e tempestiva alle minacce esogene ed endogene.
Alle prime col ricorso al negoziato, alla diplomazia ed, extrema ratio, ai mezzi dissuasivi di tipo militare.
Alle altre, a quelle minacce alla sua sopravvivenza che nascono al suo interno, con la codifica di un corpus di leggi che disciplina sia il rapporto fra lo Stato e i suoi componenti, siano essi persone fisiche o persone giuridiche, sia i comportamenti a rilevanza giuridica fra i singoli cittadini, fra questi ultimi e le loro associazioni.
A garanzia che l’ordinamento giuridico venga da tutti rispettato perché siano assicurati al gruppo sociale sopravvivenza e sviluppo, lo Stato organizza e attiva due strumenti fondamentali: le forze dell’ordine da un lato e un sistema giudiziario efficace e tempestivo dall’altro.
Efficacia e tempestività del sistema giudiziario rappresentano il principale deterrente nei confronti di chi intende violare l’ordinamento giuridico.
E però, quando il sistema non riesce ad essere efficace e tempestivo per motivi procedurali, per motivi sociali ( es. la crescita dei reati legati al fenomeno della migrazione di massa dai Paesi economicamente più deboli verso quelli economicamente più ricchi piuttosto che la capillare diffusione della criminalità organizzata), oppure  per motivi organizzativi, la “giustizia” viene di fatto negata e, con essa, la sicurezza.
In tal caso, il rischio di una effettiva delegittimazione  del “servizio giudiziario” diviene altissimo. I cittadini, la fonte cioè di ogni legittimazione, non giustificano più la presenza nel sistema di una istituzione inadeguata a garantire la missione per cui è stata costituita: assicurare a tutti il diritto alla vita, alla libertà, alla proprietà, alla sicurezza, alla pace (opus justitiae pax, principio fondamentale che compare in corona al sigillo sotto il titolo di questa pagina).

Opus justitiae pax

L'amministrazione della Giustizia, in Italia, da troppi anni rappresenta un "caso particolare" nel panorama giudiziario dell'Europa Occidentale: essa, pur partecipando del clima culturale generale dei Paesi a democrazia avanzata, presenta delle peculiarità e delle caratteristiche originate da fattori storici, sociali e politici che appaiono altamente condizionanti e tali da indurre l'osservatore a ritenere, spesso a ragione, che la qualità dell'attività giurisdizionale sia lontana dall'aver conseguito e consolidato un livello accettabile di utilità e fruibilità.

La giustizia italiana è gravata da un debito giudiziario enorme : ad oggi ( a.D. 2013 ) sono circa dieci milioni i procedimenti inevasi e inconclusi sia in ambito penale che in ambito civile; i fascicoli processuali giacciono impolverati negli archivi delle cancellerie dei Tribunali , delle Corti d'Appello e della Corte di Cassazione per tacere degli Uffici dei Giudici di Pace. Il debito giudiziario è tendenzialmente in crescita poichè il numero dei procedimenti sopravvenuti in un anno supera, sia pur di poco, quelli giunti a sentenza definitiva. Rebus sic stantibus almeno venti milioni di persone ( fra attori e convenuti ) sono costretti ad attendere per lunghi anni una sentenza che difficilmente arriverà con la dovuta tempestività. Così la "giustizia" viene di fatto elusa e troppo spesso negata.

Provo a pensare a cosa ne sarebbe di un'Azienda privata che avesse accumulato nel tempo, mutatis mutandis, un tale debito: bancarotta assoluta, disperazione degli azionisti, dei fornitori, dei clienti, prigione per gli amministratori, sempre che questi ultimi, grazie alla lentezza del nostro farraginoso sistema giudiziario, non siano riusciti a riparare in luoghi ove non vige l'estradizione .

Ho sempre ritenuto che le organizzazioni valessero quanto le persone che vi fanno parte. Quelle di successo hanno certamente degli ottimi manager e del personale motivato e di grande spessore professionale. Quelle fallimentari, no ! Le prime tendono a definire i propri obiettivi e a raggiungerli avendo sempre presente la propria missione originaria. Le seconde, no.!

Dati questi assunti, possiamo ben dire che il sistema giudiziario, in Italia, appartiene alla categoria delle organizzazioni fallimentari.

Le cause di tanto disastro sono da imputarsi a molteplici fattori. Ne cito solo alcuni fra i principali e non in ordine di importanza in quanto tutti concorrono egualmente a determinare il collasso della "Giustizia":

Fatta eccezione per i pochi Uffici Giudiziari che hanno intrapreso (anche su impulso del SECIN del Ministero competente dal 2002 al 2006) un efficace percorso di rimozione di parte delle cause che hanno contribuito a generare il debito giudiziario che abbiamo cercato di descrivere e che stanno ottenendo risultati più che lusinghieri ( fra tutti Torino, senza dimenticare Trento ), va detto che la situazione permane oltremodo critica al punto che la maggioranza della popolazione italiana ( circa l'80% ) non esita a dichiarare la propria sfiducia nella Magistratura delegittimandola di fatto dallo svolgere la missione che le è stata affidata dalla necessità prima ancora che dalla Costituzione. E ciò spiace profondamente a chi scrive, avendo avuto modo di conoscere e lavorare con Magistrati di altissimo valore umano e professionale sapendo per certo che moltissimi Magistrati operano per la giustizia con tenacia, dedizione e sacrificio rischiando anche in termini personali, specie in quei contesti degradati che ben rappresentano una grande parte della società italiana. Di loro poco si dice, specie da parte degli organi di "informazione" volti, come sono, alla ricerca di notizie buone per la cassa e per le caste.

Sul frontespizio del Palazzo di Giustizia di Milano son scritte le seguenti parole latine, che tutti possono comprendere " Haec sunt justitiae praecepta : honeste vivere, neminem ledere, suum unicuique tribuere".

Molti Magistrati dovrebbero ricordarsene. Vi pare?....punto !